domenica 21 dicembre 2008

L'interrogatorio

GIP: -Prego. Ragazzi lasciatelo a me. Prego si accomodi-
UOMO: -Grazie-
GIP: -Allora, lo sa perché si trova qui?-
UOMO: -Credo di saperlo-
POLIZIOTTO: -E dai confessa quello che stavi facendo-
GIP: -Lascia stare, ancora non è il momento-
UOMO: -Non ho niente da confessare, c’è stato un malinteso. Mi avete trascinato fin qui con la forza-
POLIZIOTTO 2: -Hai qualcosa da ridire in proposito?-
UOMO: -Conosco i miei diritti-
GIP: -Allora, cerchiamo di non perdere la calma. Un malinteso-
POLIZIOTTO: -È quello che dicono tutti-
UOMO: -Tutti gli innocenti. La calma la perdono facilmente i suoi uomini, piuttosto-
GIP: -Allora di cosa viene accusato?-
UOMO: -Credo cospirazione-
GIP: -Cospirazione, che brutta parola-
UOMO: -Io non sapevo neanche che cosa significasse prima di poco fa-
POLIZIOTTO 2: -Stento a crederlo-
GIP: -Per favore. Insomma, che cosa è successo?-
UOMO: -Stavo guardando il telegiornale sul divano, quando improvvisamente è comparso un tizio sul televisore che mi ha detto che ero, appunto, accusato di cospirazione nei confronti del Primo Ministro, roba da non credere…
GIP: -È un’accusa molto grave-
UOMO –Grave ma infondata, vede il tizio in televisione mi diceva che io avrei minacciato di morte il Primo Ministro Gianni Nepoti. Il punto è che io non stavo parlando con il televisore ma con il mio gatto-
GIP: -Si spieghi meglio-
UOMO: -Io neanche la stavo guardando più la televisione, no, perché da un po’ avevo notato che il gatto cercava di salire sulla tavola che non avevo ancora sparecchiato-
GIP: -Dove si trova la sala da pranzo-
UOMO: -C’ero dentro, e il televisore si trova esattamente tra il divano e la tavola dove mangio-
GIP: -E questo gatto…-
POLIZIOTTO 2: -Ma a chi vuoi raccontarla?-
UOMO: -Ci sono le telecamere. Non le avete fatte controllare? Il gatto mi guardava di tanto in tanto per vedere se avevo capito le sue intenzioni. Ho fatto finta di distrarmi è saltato sul tavolo e a quel punto-
GIP: -Ha urlato “Lo sapevo che finiva così. Ti ucciderò prima o poi”-
UOMO: -Esattamente-
SQUILLO DEL TELEFONO
GIP risponde: -Va bene. Ok?- mette giù il ricevitore –Per me può andare, ci scusi per il malinteso. Ah, al telefono era l’ENPA: vuole che la interroghi per quelle minacce di morte al suo gatto. Non esca dalla città e rimanga disponibile-

giovedì 18 settembre 2008

Il rompiballe

Quel tipo, questo mio paziente, non riusciva a smettere di importunare le donne, era una cosa veramente curiosa, era normale, sai che vuol dire?, fino a quando non incrociava il suo sguardo con quello di una donna. Le poteva vedere bastava solo che loro non guardassero lui. Per esempio, se si trovava a fare la fila per pagare una bolletta e allo sportello c’era un’impiegata, l’impiegata lo guardava per dirgli, buongiorno, cosa posso fare per lei?, che lui subito non capiva più niente e iniziava a corteggiarla spudoratamente fregandosene della fila dietro di lui che protestava. Una volta, ecco perché ti ho fatto l’esempio della fila agli sportelli, un vecchio dietro di lui è morto, è arrivata l’ambulanza, tutta la gente preoccupata, la calca, non fate la calca, lasciatelo respirare dicevano quelli anche se sapevano benissimo che il vecchio era già morto, e lui, il mio paziente, che non si era accorto di niente tant’era impegnato a rompere le palle all’impiegata. Questo soggetto, te lo ripeto, aveva una vita normale, era sposato, aveva dei figli e un lavoro, gli partiva la brocca solo se qualcuna lo guardava. Ed era di bocca buona, dalle ragazzine alle tardone, grazie a dio lasciava perdere vecchie e bambine, quindi non c’era pericolo se una bimba si era persa o se una vecchietta doveva, che ne so, attraversare la strada o farsi portare le buste della spesa. Se stava al bar, stessa cosa, iniziava ad abbordare la barista o la cassiera. Il peggio accadeva se una donna, ad esempio, per strada lo guardava magari perché lo aveva confuso per un altro. Per lui era un richiamo sessuale.
All’inizio, ti dirò, era pure divertente, un caso simile non mi era mai capitato, e sai benissimo che me ne sono capitati di peggio, infatti, perché ti sto parlando di questo caso? Com’era partito il discorso? Vabè, fatto sta che questo mio paziente dopo un po’ ha iniziato a non avere più sotto controllo la situazione, sai che faceva, iniziava a guardare insistentemente qualcuna finché lei, sentendosi chiaramente osservata, non gli rivolgeva uno sguardo, e da lì, tu puoi immaginare benissimo come andava a finire. Fissava sempre due o tre tipi di donna, quella appariscente, quella insignificante, e quella che, secondo lui, nascondeva qualcosa, non proprio una donna misteriosa, che cavolo significa poi?, e poi in fin dei conti le donne sono tutte misteriose, chi più chi meno, diciamo una donna che, sempre secondo lui, nascondesse una qualche qualità inaspettata. Qui lui, quando è stato anche interrogato dalle forze dell’ordine, ha sempre parlato di qualità in senso vago, senza fare illusioni solamente sessuali. Non parlava solo di maghe dei pompini che mai ti aspetteresti, ma anche di donne bravissime a cucinare o a scrivere poesie. Se, nella sua mente, si trovava di fronte ad una donna di questo tipo, iniziava a fissarla immaginandosi quale poteva essere questa sua qualità che mai ti aspetteresti, e iniziava a fare una lista di opzioni, sempre fissandola, anzi più la fissava, la osservava da cima a fondo, e più scopriva particolari che gli suggerivano un’altra opzione, divoratrice di libri, pittrice, fantina, conoscitrice di cocktail, campionessa di playstation, proprietaria di una vigna, attrice di teatro off. I casini sono iniziati a succedere anche perché molte delle donne che avvicinava erano impegnate sentimentalmente, e infatti più di una volta è spuntato fuori l’uomo di lei. Senza contare che il mio paziente era sposato con tre figli e che la sua testa peggiorava giorno dopo giorno. Adesso è rinchiuso in un ospedale psichiatrico in attesa del processo. Lo accusano in fin dei conti di aver importunato circa 3000 poverette, di disturbo della quiete pubblica, interruzione di servizio pubblico, rissa aggravata, vilipendio a non mi ricordo più che cosa, offesa al senso del pudore, distruzione di un edificio privato, incendio doloso di una fontanella, quante cazzate.

domenica 24 agosto 2008

L'arrivo

Quando il Flexoform ai comandi arrivò per prima cosa verificò quanto già sapeva. La stella che alimentava il pianeta era una nana gialla, il componente principale che dell’atmosfera era l’ossigeno. Selezionò quindi il filtro solare e il tipo di respiratore adatti per il suo corpo con il controller che aveva sull’avambraccio. Dopo di che uscì dall’astronave per farsi un giretto. Intorno a lui non c’erano gli esseri viventi che doveva studiare. Tutto procede secondo i piani, meglio così pensò il Flexoform, meglio che non mi vedano così. Nel giretto perlustrativo non incontrò una sola forma di vita, neanche un cane. Forse fu allora che pensò: è inutile perdere tempo, qui tocca entrare in azione. Rientrò nell’astronave e disse ai suoi colleghi, che (per il lavoro che faceva) erano anche la sua famiglia: -Gente! Entriamo subito nei personaggi: selezionate bene la specie da imitare, ricordatevi che non è la prima, che sono gli insetti, non è neanche la seconda che sono i topi, quella che dobbiamo selezionare noi è la terza specie-
-Io non ci capisco niente, quali sono i topi? Sono quelli che volano?- fece un altro Flexoform più piccolo.
-No!- rispose il primo, quello che era uscito a dare un’occhiata e non aveva trovato niente -Quelli sono gli insetti-
-Ma non esistevano pure i topi volanti? Tu una volta ci hai parlato dei topi volanti che vengono usati qui per dire a uno che è un credulone-
-Quelli sono gli asini, come te. Gli asini volanti!-
-Asini erano, giusto- disse il secondo Flexoform scuotendo il capo.
-Hai tempo non ti preoccupare, se fai una gaffe simile mentre sei tra di loro, ricordati sempre che per loro sei uno straniero, quindi è normale pronunciare male una parola, non ricordarsene un’altra, stai tranquillo- questo lo disse un’altra Flexoform grande come il primo ma dai modi decisamente più gentili.
-Ma il razzismo- fece un quarto Flexoform un po’ più grande del secondo.
-È meglio che sappiano la verità?- fece la madre
-No questo mai- rispose il quarto
-Allora fatti prendere per immigrato e beccati, anzi, becchiamoci pure qualche insulto razzista, meglio quello che essere rincorso da una folla inferocita con torce, forconi e cani pastore-
-Adesso stai parlando dei film che hanno girato sulle invasioni aliene?- chiese il quarto
-Esattamente. Se ci scoprissero farebbero la stessa cosa con noi ne sono certa-

martedì 24 giugno 2008

Mustafa e il denaro

Mustafa è uno che se ne fregava veramente di tutto, mica le chiacchiere. Prendeva una decisione e cascasse Cristo la faceva. Però faceva tante di quelle cose insieme che spesso si intrecciava. Per esempio una volta decise di abbandonare tutte le sue ricchezze per vivere da eremita, e per un po’ ci era anche riuscito e sembrava addirittura che stesse bene, fatto sta che questa tranquillità dopo un po’ sparisce, e, come molte volte capita, anche ai migliori, è passato da un atteggiamento al suo contrario, ritornando di fatto ai suoi amati soldi, soldi che amava spendere per i suoi happening. Si ma che razza di storia è questa, cioè voglio dire dov’è che è interessante? Adesso ci arrivo, ritornò al suo sfarzo, ai suoi schiavi, ai suoi cammelli e babbuini al guinzaglio, e fare i suoi soliti show oltraggiosi, proprio soliti in realtà non lo erano, tutti se ne accorgevano, anche lui, per primo, se ne accorgeva, perché a qualche cosa gli sarà anche servita tutta quella psicanalisi e quella spiritualità da santone asiatico, fatto sta, che l’inquietudine non lo abbandonava più, soprattutto alla luce del fatto che neanche le sue continue autoanalisi riuscivano a capire il perché di questo suo disagio. Ma scusami tanto ma non poteva farsi analizzare da qualcuno? Ma allora tu non sai proprio niente? Scusa se rido, ma incontrare qualcuno che non conosce a memoria la vita e le opere di Mustafa è impensabile da queste parti, da quale posto hai detto che vieni? Cerbère. In America mi dicevi? No, in Europa. Ah l’Europa, ne ha fatte di cose in Europa Mustafa e i suoi amici, ma noi stavamo parlando di cosa? Sempre di Mustafa. Si ma di cosa di Mustafa? Di quando è andato a vivere da barbone. Ha già, un momento non da barbone, da eremita, non è la stessa cosa, e si diceva che lui, come al solito, non ha voluto farsi aiutare dagli strizzacervelli amici suoi come Foreman, Foreman e gli altri li lasciava liberi di far impazzire gli altri ma non lui, mica fesso era Mustafa. Comunque, ero arrivato al sogno? No che sogno? Mustafa era talmente angosciato per via dell’angoscia…Ma tu se parlo così mi capisci o no? Nel senso, voi dell’Europa ce l’avete l’angoscia? Mi sa che l’abbiamo inventata noi. O Dio addirittura…. l’angoscia è propria del genere umano. Forse gli europei sono stati i primi a scoprirla, definirla, trattarla, ma si parlava di Mustafa e del suo sogno, cioè, un giorno quando oramai tutti erano convinti che Mustafa si sarebbe ritirato a vita privata, perché la cosa andava peggiorando giorno per giorno, capisci, le sue incursioni a sorpresa diventavano sempre più rare e sempre più fiacche, insomma non era più lo stesso di prima, ma a te, mi dimentico sempre, e non rimanerci male è? No no per carità. A te, dicevo, mancano le basi, ma si parlava di Mustafa e non di te, e se si parla di te è perché non conosci la vita e le opere di Mustafa, buffo no? Un giorno, dicevo, quando oramai il suo ultimo sorriso era scomparso dal ricordo di tutti i suoi amici e sudditi, un giorno che sembrava proprio, ancora una volta, essere peggio di quello precedente, Mustafa fece chiamare Platero, il suo addestratore di babbuini, per dirgli, Da domani tu ed io ce ne andiamo all’eremo ad addestrare i babbuini ad attaccare chiunque superi una certa soglia di benessere economico, me lo ha detto Dio in persona che dobbiamo farlo. Voleva addestrare i babbuini ad attaccare…I ricchi. Comunque questa cosa l’ho già sentita, e come fecero ad insegnare. Ti credo che l’hai sentita, tu puoi anche non aver mai sentito parlare di Mustafa ma sicuramente le sue gesta le conosci eccome, su come hanno fatto ad addestrare i babbuini nessuna sa niente, nessuno, quello che si conosce è cosa è successo dopo, quando Mustafa e Platero sono tornati dall’eremo. Cosa? I ricchi di Parigi, Londra, Pechino, Tokyo, New York, Toronto, Miami, Milano, Roma, Lione, e potrei andare avanti, tutti con il culo per terra, ma la cosa bella, che Mustafa aveva calcolato, secondo i miei calcoli, è che non furono i veri ricchi a rimetterci, ma quelli che girano per strada tranquillamente, quelli un po’ ricchi, ai babbuini capitava insomma di assalire gente che portava dei soldi in banca, incassi di qualche supermercato un po’ sfigato, gente che vinceva qualcosa al gratta e vinci, persone che avevano con sé un assegno, i babbuini, ripeto non si sa come, fiutavano i soldi, la ricchezza, assediavano le limousine, le donne con dei gioielli vistosi o in pelliccia, un vero spasso che lo divertiva tantissimo, stava guarendo. Colto dall’entusiasmo, visto che stampa e tv ne parlarono, un giorno volle ringraziare Platero e sai che fece, secondo me senza pensarci, distrattamente. Lo pago profumatamente. I babbuini non appena fiutarono l’odore di arricchimento lo assalirono e come sempre accade per la vittima dei babbuini non ci fu niente da fare. E perché i babbuini non assalirono anche Mustafa, scusa erano soldi di Mustafa quelli con cui coso…Platero è stato pagato per il lavoro, o no? Ti ricordi quello che ti ho detto per gli strizzacervelli? Be lui, cioè Platero, aveva addestrato i babbuini a non assalire Mustafa. E non poteva fare la stessa cosa con se stesso, non poteva insegnare ai babbuini a non assalirlo? Doveva, doveva, ma sai come vanno certe cose, rimandi a domani di continuo quello che dovresti fare oggi e questo è quello che succede a volte, una vera tragedia fu, meno male che i sensi di colpa gli durarono solo pochi minuti, già al suo funerale ne combinò un paio che...

venerdì 6 giugno 2008

Il 23esimo Presidente degli Stati Uniti d'Europa

Molti dei misteri che avvolgono la figura del ventitreesimo Presidente degli Stati Uniti d’Europa rimangono ancora irrisolti. Il primo mistero, che è anche il più importante e quello che tratteremo qui, riguarda il suo bagaglio genetico. Alcuni suoi cromosomi sembrano rimasti ottusamente ancorati ad un’altra epoca, ci verrebbe da dire ad un’altra era, in cui le più elementari regole di civile convivenza ancora non venivano neanche lontanamente ponderate. Questo ventitreesimo Presidente d’Europa a stento sopportava che qualcuno lo guardasse, saltava volentieri i ricevimenti e le manifestazioni ufficiali, durante le consultazioni politiche preferiva mandare al posto suo un sosia. Durante l’esecuzione degli inni nazionali in una manifestazione sportiva importante, come è accaduto durante una finale della coppa del mondo di calcio, era l’unico che non si alzava in piedi. Dovevano essere i suoi consiglieri a dirgli –Ehi, Mac ci sono gli inni stanno tutti in piedi, ci sono le telecamere di tutto il mondo, dovresti proprio alzarti-. Solo allora Vinnie Cipriani Mac Verry si alzava e a malincuore metteva la destra sul petto come era riuscito ad insegnargli, dopo molti sforzi, qualche paziente figura di cui adesso nessuno ricorda il nome. Le immagini dei suoi sbadigli, delle sue sbuffate, dei suoi occhi al cielo come a dire, Ma che ci sto a fare qui io, hanno fatto il giro del mondo.
Eppure non si deve credere che sia stato un pessimo Presidente. Se non fosse che non sapeva stare in pubblico per il resto era una persona raffinata e gentilissima. Alcuni dicono che non si trattava di cromosomi… come dire difettosi: era una più banale e classica cattiva compagnia a farlo comportare così ignobilmente. Si sapeva da tempo il nome di questo elemento di disturbo, ma nessuno poteva eliminarlo. Non lo hanno fatto gli Americani né i cinesi perché ne traevano vantaggio, non lo ha fatto il Presidente stesso perché gli era affezionato.

giovedì 8 maggio 2008

L'universo e alcune teorie

L’Universo, anzi gli universi!
Quante parole sono state già dette, quante sono state già scritte in proposito.
In linea di massima possiamo dire che sono in pochi quelli che ancora sostengono che di universi ce ne siano solo un certo numero ben preciso, la maggioranza degli studiosi ha da tempo abbracciato la teoria secondo la quale di universi ce ne sono invece di infiniti -1. Come ci insegna la storia, sappiamo che inizialmente la stragrande maggioranza delle creature intelligenti aveva pensato ad un solo universo possibile, il loro, solo dopo una certa evoluzione mentale arrivarono le teorie “a numero chiuso” degli universi. Poi, molto tempo dopo rispetto ai primi voli spaziali, con la scoperta, prima, e l’utilizzo, poi, di motori e combustibili più veloci economici ed ecologici, non solo da parte terrestre ma anche da parte degli altri popoli dell’universo, arriviamo ai primi incontri tra abitanti di diversi pianeti che giungono presto alla conclusione che di teorie sull’universo ce ne sono molte più di quanto si credeva. I popoli riuniti dell’universo pensarono bene che tutte le loro teorie sull’universo, e quindi sull’origine della vita, fossero valide allo stesso modo e decisero, anzi capirono, che tanto valeva sommare tutte le loro teorie insieme. Se per gli abitanti della Terra di universi ce ne sono, diciamo per dire, 14, mentre per gli abitanti di Gorbick 6 ce ne sono, sempre per dire, ben 24, allora perché non sommare 14+24? Chiaramente in questo dibattito non presero parte solo gli abitanti della Terra e di Gobrick 6. Circa 100.000 rappresentanti di diversi pianeti parteciparono al primo storico incontro tenutosi nel pianeta Federnon III. Centomila teorie diverse per un numero praticamente infinito di possibili universi paralleli. Possibili perché già è impossibile viaggiare in lungo e in largo per l’universo in cui viviamo figuriamoci avventurarsi all’interno di un altro. Di solito, infatti, chi finisce in qualche altro universo lo fa solo per un tragico errore o per una necessità incombente. Appurato che di universi ce ne sono infiniti, risultò quasi naturale pensare che qualche universo poteva anche essere nato e morto prima del tempo. Alcuni pensarono, forse giustamente forse no, che bastava il solo pensiero di un universo morto per farlo morire veramente. È la consapevolezza, azzardò allora qualcuno, che uccide.
Tra i diversi universi paralleli di cui siamo a conoscenza ci sono quelli generati in un laboratorio scolastico da una classe di tredicenni, quelli nati da un sogno di un pittore surrealista e destinati a morire al suo risveglio. Ce ne sono, altra teoria abbracciata dai più, di infinitamente piccoli e di infinitamente grandi, alcuni generati semplicemente schiacciando un pulsante, altri nati casualmente come conseguenza di altri eventi, comunque la maggior parte degli universi che si conoscono sono nati secondo un progetto ben preciso, come nel caso dell’universo parallelo disabitato creato per il ricco eccentrico misantropo che non voleva più vedere nessuno.

martedì 6 maggio 2008

Qualche accenno sui pirati spaziali

È risaputa, dalle nostre parti, la storia dei dirottatori spaziali di pianeti. Quello che fanno si potrebbe riassumere semplicemente così: scelgono un pianeta abitabile, istallano nel nucleo del pianeta scelto il loro motore interstellare badando bene che nessun indigeno, se ce ne sono, li noti. Dopo di che si vanno a fare un giretto per lo spazio usando il pianeta come se fosse un’astronave finché non trovano un altro pianeta e ricominciare all’infinito. Per saltare da un pianeta a un altro usano delle navicelle più piccole precedentemente nascoste sotto la crosta terrestre. Per non farsi beccare da nessun abitante del pianeta, qualora ce ne fossero, agiscono tornando indietro nel tempo quando il pianeta ancora non è abitato. Per sfuggire anche ai numerosi ispettori antipirateria, che girano di continuo in lungo e in largo i diversi universi, si affidano al rivelatore di frequenze che loro chiamano sbirresche mentre noi cronisti preferiamo chiamarle legali.
Questi pirati non hanno leggi, sono anarchici, nichilisti, violenti, comandati sempre da leader poco propensi al dialogo pacifico e alla trattativa. Di solito prendono possesso di un pianeta solo per farsi un giretto e saccheggiare tutto quello che trovano o incontrano, solo in rarissimi casi questi balordi fanno quello che fanno per sfuggire alle forze armate che li vanno cercando.
Le conseguenze di queste loro azioni sono facilmente immaginabili. Gli abitanti del pianeta occupato, anzi trasformato in astronave, si fanno prendere dal panico, dall’isterismo, dai suicidi di massa. Chi rimane vivo solitamente viene ridotto in schiavo dai pirati spaziali. Il sistema solare del pianeta dirottato chiaramente subisce dei danni notevoli. Immaginate, tanto per fare un esempio, un atomo a cui improvvisamente senza una ragione scientifica venisse a mancare un elettrone. Immaginate cosa succederebbe se improvvisamente il vostro pianeta smettesse di ruotare intorno alla vostra stella, se gli anelli del pianeta che chiamate Saturno improvvisamente vi passassero accanto e li vedeste grossi come adesso vedete la vostra Luna.
Ovviamente i pirati spaziali conoscono bene le leggi che regolano gli universi, è per questo, pensano in molti, che alcune di queste regole amano trasgredirle. Ci sono molte teorie su questi furfanti intergalattici. Una delle più diffuse è anche tra le più paranoiche e pessimiste. Secondo questa scuola di pensiero i pirati spaziali avrebbero installato all’interno di tutti i pianeti abitati da loro conosciuti, praticamente tutti quelli esistenti in tutti gli universi, il loro motore a propulsione. Aspettano solo il momento giusto. Di questi pirati abbiamo seguito, da infiltrati, parecchie azioni.

giovedì 1 maggio 2008

XIV Convegno medico di ortopedia innovativa

Dottor Venezi – Ed è in questo modo che stiamo lavorando, vede (rivolgendosi ad una giornalista orientale) la strada è ancora da asfaltare ma il più, creare questa strada, è stato fatto.
Dottor Jedua – E adesso, se sei d’accordo Ivan?
Dottor Krasnoselets – Per me va bene
Dottor Jedua – Possiamo presentare finalmente La Creatura
Oh generale da parte di tutti, una signora sviene.
Dottor Jedua – L’Essere come potete notare è di corporatura media ed ha ancora qualche ferita dovuto al trapianto di ossa, ma la sua condizione fisica malgrado le apparenze è migliore di quella di un atleta olimpionico.
Giornalista 1 – Quanto tempo è passato da quando gli è stato impiantato lo scheletro nuovo?
Dottor Jedua – Circa due settimane. Tanto per farvi capire quanti sono i vantaggi di avere uno scheletro così vi faccio subito una dimostrazione (prende La Creatura per una caviglia e la solleva con un solo braccio. Applausi)
Dottor Krasnoselets (prendendo una mazza di legno e alzandosi dalla sua sedia) – E adesso vi dimostro come questo scheletro sia anche più resistente di quello vecchio (inizia a roteare su se stesso con la mazza di legno in mano avvicinandosi sempre più che acquista velocità alla Creatura)
Nel frattempo il Dottor Venezi – E adesso guardate bene
Il Dottor Krasnoselets sferra un colpo micidiale sulla testa della Creatura, la mazza di legno si frantuma, L’Essere sorride beatamente dopo di che si accascia per terra
Giornalista 2 – Dottor… Dottor Krasnoselets come si spiega una cosa simile?
Dottor Krasnoselets – Credo che per una sfortunata coincidenza sia finito anzitempo il suo timer biologico. Ma è morto veramente? (rivolto ai colleghi)
Dottor Jedua – Se per voi signori non è un problema, vi mostrerei anche l’altra parte dell’esperimento
Giornalista 3 – Ma se quella Cosa è morta…
Dottor Jedua – Faremo la dimostrazione con il suo cadavere
Giornalista 3 – Ma non esiste un limite?
Dottor Jedua – Se badassimo a queste cose, la scienza medica non avrebbe mai eseguito il primo trapianto. A questo punto quindi vorrei mostrarvi come resiste anche ai proiettili (tira fuori dal camice una pistola calibro 9 e spara due colpi sul torace della Creatura morta), così i nostri soldati in guerra non solo sono più leggeri ma anche più invincibili. Possono anche sparargli, fanculo a loro (applausi)
Giornalista 4 – E di quell’altro progetto, quello dello scheletro di pongo che ci potete dire?
Dottor Jedua – Un attimo un attimo arriverà anche il tempo delle anticipazioni, per il momento guardate quest'altra cosa

mercoledì 30 aprile 2008

Discorsi al bar

Buongiorno
Ah bello!
Che ti prendi?
Ho già fatto, grazie. Tu che mi dici di bello? La famiglia?
Tutto bene, Michele a settembre inizia la scuola
Ci siamo quasi allora
E già, un cappuccino e un cornetto ripieno alla crema
Sembra ieri che parlavi della sua nascita
Il tempo vola, che ti devo dire
Hai visto ieri la partita?
No, stavo impicciato con il lavoro
Che goal che ha fatto Nannarone…
Bello?
Se n’è bevuti tre di difensori, li ha mandati ha pisciare li ha mandati
Bene
Ho scommesso pure un po’ di soldi e ho vinto anche
Cavolo allora offrila tu la colazione
E figurati, piuttosto ti vedo sciupato
È che ‘sta notte non ho dormito granché. C’erano certi ubriaconi sotto casa che tiravano i sassi alle bottiglie vuote
E tu non potevi, non
Ci ho pensato come non ci ho pensato solo che
Lo so è più difficile da quando i giornali e la tv e il fottuto web ne parlano
Adesso sono tutti più diffidenti, è difficile veramente trovare qualcuno che ti entra in casa
Ti ricordi di Firmino?

E chi se lo dimentica
A Firmino non gli hanno fatto niente neanche quando ha sparato a quella vecchietta
Ma erano altri tempi, ripeto adesso è difficile che qualcuno ci caschi.
Ma una volta la gente si fidava di più della gente. Dove andremo a finire se nessuno si fida più di nessuno?
Non lo so
E chi erano quelli di questa notte?
Ma che ne so erano due o tre, forse quattro. Stavano a venti trenta metri da casa a tirare i sassi alle bottiglie
Pattuglie degli sbirri figuriamoci
C’era la partita mi hai detto?
A che ora è successo?
Saranno state le undici
Alle undici già stavano finiti?
Ai nostri tempi ci si finiva anche alle otto del mattino ma non si andava a spaccare le bottiglie sotto la casa degli altri…
Se stavamo un paio di anni indietro gli avresti potuto dire a quelli, Ehi gente, salite a casa mia a farvi il bicchiere della staffa, viva l’anarchia, che quelli salivano in casa e allora BAM! Fucilata in piena faccia!
E poi dicevi agli sbirri che i tipi ti volevano rapinare e loro non ti avrebbero fatto niente, neanche il processo
E invece adesso, per colpa di un manipolo di impiccioni che hanno scoperto le ragazzate innocenti di gente per bene come Firmino, tutto questo è finito e una persona per bene, dico per bene, come te o me è costretta a sopportare tutta la notte degli stronzi ubriaconi che spaccano le bottiglie per strada. Non si può andare avanti così…
Già

martedì 29 aprile 2008

Studio oculistico del dottor Kilgren

La signora aspettò che l’uomo dagli occhi di mosca uscisse dalla stanza del luminare per prendere suo figlio per la mano ed entrare insieme per la visita. Il bambino ci mise un po’ a voler scendere dalla sedia, non perché avesse paura dei medici o del Dottor Hap Kilgren in particolare, no, il figlio di questa signora, che poi noi chiamiamo signora solo perché è sposata quando in realtà si tratta di una ragazza, il ragazzino, si diceva, ci mise un po’ a scendere semplicemente perché non voleva muoversi. L’uomo mosca salutò tutti come si conviene quando si esce da un luogo pubblico, il bamboccio, ingenuamente come è giusto a quell’età, lo guardò come si guarda un’attrattiva, la madre allora gli disse: -Matteo, anche prima te l’ho detto, non fissare le persone- Un po’ per caso, un po’ per necessità che noi ignoriamo, subito dopo questo rimprovero su udì da dentro la stanza una voce solenne proferire le parole: -Il prossimo- -Dai adesso che il Dottore ci ha chiamato- La signora si affacciò timidamente, intorno alla scrivania c’erano in piedi oltre il Dottor Kilgren, anche la sua infermiera personale, la signorina Inga, e seduto un signore vestito da medico che la signora non aveva visto mai. Con la sua solita barba mezza nera e mezza bianca, il Dottor Kilgren indicò sorridendo la sedia alla signora –Prego- Il sorriso sereno, anzi angelico, del Dottor Kilgren, è inutile dirlo, scioglierebbe anche il cuore più duro. La signora quindi si accomodò. –Come posso aiutarla?- fece il Barone della medicina alla signora. –No no c’è un equivoco- fece la madre -È il bambino che deve fare la visita di controllo- -Ah, allora cambia tutto- rispose il Magnifico. –Quindi è te che dobbiamo visitare?- disse rivolto al pargolo –Come ti chiami?- -Mi chiamo Matteo- fece lui guardano un armadietto a vetro pieno di tabelloni, lenti e lastre colorate. -Sei venuto qui anche un’altra volta mi sembra?- Questa volta rispose sua madre per lui –Siamo venuti per il primo controllo un anno fa- -Ho capito, ho capito- la interruppe lui -Ma lasci che a rispondere sia suo figlio, vediamo se ne è capace. Quanti anni hai?- -Ho nove anni- -Allora sei un ometto, lo sai chi è questo signore qui- gli chiese l’Immenso alludendo al signore seduto vestito da medico che la signora non aveva mai visto prima. –Questo qui è il Dottor Nicholas Foreman, un famoso e stimato psichiatra- -Ciao- fece lo strizzacervelli al ragazzino alzandosi in piedi per salutare la madre -Cosa centra uno psichiatra con un oculista- chiese la madre, più che altro curiosa. –Vede signora, come dire… io e il mio collega cerchiamo di unire gli sforzi, anzi no, i nostri obiettivi- Come per un sesto senso che solo le mamme possono capire, la signora avrebbe voluto quasi dire sottovoce a suo figlio, Infilati la giacchetta che da qui si tela, poi, evidentemente per un rimasuglio di razionale, si disse di non agitarsi per niente. –Può spiegarsi un po’ meglio?- -Certamente. Vede mentre io gli controllo la vista, il mio illustre collega verifica le sua attitudini, se gli piacciono i fiori, non so se mi capisce, in questo modo come dire, facciamo- -Un attimo un attimo faccia piano. Ho capito benissimo è che non ne capisco l’utilità. I bambini a quell’età cambiano ogni giorno, vanno sempre alla ricerca di cose nuove- -Ed è proprio questo che noi dobbiamo capire. Che cosa ti piace fare a te?- chiese Foreman a Matteo –Oggi- rispose –Per esempio ho crocefisso una lucertola- -Molto bene- fece Foreman -Matteo- fece invece sua madre –Hai fatto una cosa orribile, con chi eri con quei soliti- -Signora non lo sgridi- la interruppe Foreman -Non lo soffochi, il ragazzo sta passando una fase, gli passerà, capirà che è una sciocchezza ecc. ecc. ci siamo capiti sì?- -Anche io da piccolo- fece Kilgren rivolto a Matteo come per proseguire il discorso del collega –Quando avevo più o meno la tua età, uccidevo lucertole, gatti, cani, galline, per…Ma questo è venuto dopo. Si comincia sempre con le cose piccole ricordati questo…Matteo. Lo stesso vale anche per le droghe e per il sesso- -Da quello che ho appena sentito- fece la signora –Suo figlio si stuferà presto di martoriare le lucertole- la bloccò Foreman -E cercherà qualcosa di più grosso. Più suo figlio crescerà e più avrà bisogno di uccidere un animale più grosso- -Ma questo chi lo ha- chiese ma fu di nuovo interrotta o peggio non ascoltata affatto -Ci credi- fece Kilgren a Matteo -Se ti dico che tra qualche mese ucciderai i piccioni con un fucile ad aria compressa che ruberai insieme ai tuoi amici in qualche negozio?- La signora guardò il figlio che con le mani si agitava tra l’imitare il gesto di sparare ai piccioni e il recuperare la giacca che intanto scivolava dalle ginocchia. –Bene, visto che siamo diventati amici possiamo iniziare la visita, che ne dici?- -Sì signore- -Molto bene, un ragazzino educato, Inga- -Mi scusi ma. Non ha ancora risposta alla mia domanda. A che serve la parte psichiatrica?- -Serve per inquadrare suo figlio – rispose Foreman -Per capire che futuro avrà. Nel senso, sapendo che gli piace uccidere piccoli indifesi animaletti, noi cerchiamo di non reprimere questa sua attitudine e di vedere, per dire, se può diventare un buon soldato, se ne ha le capacità psicologiche, signora è una direttiva ministeriale in vigore da una settimana, non ne è a conoscenza?- -Sinceramente credo che a quell’età sia prematuro stabilire il suo futuro- rispose la ragazza -Questo perché ragiona come madre e non come scienziata- disse Foreman mentre Kilgren posizionava il bambino sul primo strumento. –Allora…Matteo. Adesso ti faccio vedere una fotografia e tu mi devi dire prima di tutto se ti piace quello che vedi nella fotografia, mi segui?- -Sì- -Poi quando vedi che l’immagine si sdoppia tu mi dici, Si è sdoppiata, oppure, Ora! Quello che vuoi tu. Ci sei hai capito tutto?- -Che immagine gli state facendo vedere?- chiese la madre –Non possiamo risponderle e suo figlio dopo averla commentata e vista la dimenticherà per sempre. Questa come tutte le altre immagini che vedrà- -Servono a questo quelle ventose che ha in testa?- chiese la madre –Anche- fece Foreman -Non mi dice niente questa foto- -Va bene- fece Kilgren -Alla 37 ha risposto non mi dice niente, Nic? Signora si può accomodare sulla sedia per favore- -Adesso si è sdoppiata- fece entusiasta il ragazzino -Molto bene- disse il Barone –Signora mi scusi – disse Foreman -Si accomodi su quella sedia. Hai detto 37, Hap?-